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domenica 15 novembre 2020

CARLO ACUTIS, UNA VITA ORIGINALE

 Chi è?


Figlio di Andrea Acutis e Antonia Salzano, Carlo nacque a Londra, dove il padre si trovava per lavoro, il 3 maggio 1991. Trascorse l’infanzia circondato dall’affetto dei suoi cari e imparando da subito ad amare il Signore, tanto da essere ammesso alla Prima Comunione all’età di sette anni.
Frequentatore assiduo della parrocchia di Santa Maria Segreta a Milano, allievo delle Suore Marcelline alle elementari e alle medie, poi dei padri Gesuiti al liceo, s’impegnò a vivere l’amicizia con Gesù e l’amore filiale alla Vergine Maria, ma fu anche attento ai problemi delle persone che gli stavano accanto.
Colpito da una forma di leucemia fulminante, la visse come prova da offrire per il Papa e per la Chiesa. Lasciò questo mondo il 12 ottobre 2006, presso l’ospedale San Gerardo di Monza.
Il 13 maggio 2013 la Santa Sede ha concesso il nulla osta per l’avvio della sua causa di beatificazione, aperta nella diocesi di Milano il 12 ottobre 2013. I suoi resti mortali riposano nel cimitero di Assisi.

domenica 22 dicembre 2019


NATALE 2019

Carissimi,
vi scriviamo questa lettera da Roma, dove siamo giunte a fine ottobre e che lasceremo a fine gennaio per tornare a Rovereto. Da qualche anno siamo abbastanza “pellegrine”, situazione che ha i suoi faticosi!) svantaggi ma che ci permette anche, di venire a contatto con più persone e con una realtà più ampia e variegata.
Negli ultimi tempi, però, c'è un ritornello che ci accompagna da Nord a Sud e dice di un disagio crescente per il mondo in cui viviamo, un mondo che non sentiamo più nostro, perché non vi ritroviamo più i valori con cui siamo cresciuti, in cui sono cambiati i modi di rapportarsi, tante volte bruschi e sgarbati se non addirittura violenti, in cui ci sentiamo impotenti di fronte a tanti problemi più grandi di noi: economici, politici, sociali, culturali, ambientali; in cui abbiamo sempre più “tante cose da fare” e il tempo non è mai abbastanza. «Siamo diventati tutti matti», «Sono contenta di essere nata tanto tempo fa» «Ma come fate ancora a credere?»: sono alcune delle frasi che sentiamo più spesso.
Il mondo dell'uomo è mutato, cosa normale, ma con una velocità tale che non riusciamo a stargli dietro. I “potenti mezzi della tecnica” hanno accorciato/annullato spazi e tempi: praticamente tutto è fisicamente raggiungibile in ore o giorni, e notizie di ogni parte del mondo ci giungono in tempo reale; noi stessi, con i nostri cellulari e computer, siamo sempre rintracciabili/reperibili.
Il mondo è a portata di mano ma ci è sfuggito di mano.
L'uomo passa il tempo a produrre dati, a inserire dati, a ordinare dati, si isola sempre di più e si ritrova solo di fronte a un sistema che procede senza amore e senza pensiero, per protocolli.
Eppure...
Capita, dopo alcuni mesi di assenza di guardare il proprio quartiere in modo diverso: l'assenza, infatti, permette quel distacco nello spazio e nel tempo che fa cogliere cambiamenti che spesso sfuggono allo sguardo abitudinario e ormai sempre più frettoloso della quotidianità. Così, per  esempio, si nota una sobria scalinata realizzata tempo fa come passaggio da una via in alto a una più in basso e si pensa: è una cosa utile, è di tutti ma è trasandata. Se si “rattoppasse” un po', se si facessero colorare quelle barre di metallo, se si mettessero dei fiori, una panchina e un gioco per ogni “pianerottolo”... Sì, sarebbe utile e bella, ci si potrebbe incontrare, qualche anziano che cammina poco potrebbe sedersi fuori e scambiare due chiacchiere, vedere i bambini giocare.
Ecco, basta un minuto di tempo gratuito, uno sguardo che prende a cuore le cose, che non si arrende al “rovinato e brutto” ma, cogliendo le possibilità già presenti, vede il “rinnovato e bello”. Capita anche, allora, di pensare, di ricordare, che è così che Dio guarda il suo mondo. Il suo sguardo, che non ha tempo, al principio del nostro tempo si posa – dice il racconto di Genesi – su «quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto bella/buona» (Gn 1,31). Sembra prendersi il tempo per considerare e rimirare quanto gli sta davanti, riconoscendone la bontà e godendo della sua bellezza.
Questo sguardo fuori dal tempo così “continua” a guardare il mondo, così è narrato da quegli uomini che, nel tempo e spesso in momenti assai duri e difficili, hanno fatto “esperienza” della presenza amante e operante di Dio, del suo “esserci”: «Tu infatti ami tutte le cose che esistono e non provi disgusto per nessuna delle cose che hai creato» (Sap 11,24). Anzi: «chiudi gli occhi sui peccati degli uomini, aspettando il loro pentimento» (Sap 11,23b). Mentre vi scriviamo siamo nel tempo dell'Avvento, tempo di attesa di Colui che viene, ed è bello soffermarsi a contemplare questa attesa al contrario, questa attesa di Dio che dà spazio e rispetta la libertà umana e i tempi di ciascuno. L'Eterno ci dà tempo: per vivere, per capire; si “ritira” anche qui, chiudendo gli occhi, per lasciarci liberi di rispondergli con un sì o con un no: l'Amore non si accontenta di niente di meno.
Colui che tutto può, però, non se ne sta con le mani in mano ma esercita sulla creazione uno strano potere, diverso da quello che tante volte addirittura pretendiamo, quello della com-passione: «Hai compassione di tutti, perché tutto puoi» (Sap 11,23a): il Signore non “sistema le cose” dall'alto, si fa solidale con il nostro mondo, che ha a cuore perché è suo prima che nostro, si fa carico del suo dolore, dei suoi mali. Fino a dimenticare se stesso, fino alla massima con-discendenza, fino al totale abbassamento e rimpicciolimento che lo porta a entrare a farne parte come un qualsiasi «nato da donna, nato sotto la Legge» (Gal 4,4), in un minuscolo paese di una piccola provincia sotto dominazione straniera, per quel breve soffio che è la vita di un uomo.
Ecco, quando la vita si fa “pesante”, quando vediamo il mondo lacerato e abbruttito, ricordiamoci di
questo sguardo di Dio, di questa com-passione, di questo amore che non si ferma di fronte a nulla: «Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito […] perché il mondo sia salvato per
mezzo di lui» (Gv 3,16-17).
E, per quel che possiamo, osiamo seguirlo in questa sua “pazzia”, qui e ora. Scriveva Martin Buber nel suo Io e Tu: «Amiamo il mondo reale, che non si lascia mai sopprimere, amiamolo realmente in ogni suo orrore, osiamo stendere su di lui le braccia del nostro spirito: allora le nostre mani incontreranno le mani che lo sorreggono».
Buona festa dell'Incarnazione, buon Natale a tutti.

La comunità del Cenacolo

venerdì 21 dicembre 2018















Mentre un profondo silenzio avvolgeva tutte le cose, e la notte era a metà del suo rapido corso,
la tua parola onnipotente dal cielo, dal tuo trono regale, guerriero implacabile,
si lanciò in mezzo a quella terra di sterminio, portando, come spada affilata, il tuo ordine irrevocabile.
Carissimi,
le parole con cui abbiamo iniziato sono tratte dal libro della Sapienza (Sap 18,14-15) e, in una versione più
breve, ricorrono all'inizio della liturgia della seconda Domenica di Natale.
Colui che è nato è il Verbo di Dio, la sua Parola onnipotente, che con energia prorompente e appassionata,
con la forza e la decisione di un guerriero che non può essere placato e distolto dal suo compito, si è lanciata
dal cielo nel mondo, dal trono regale in una terra di sterminio, per manifestare e portare a compimento
l'ordine di Dio, la sua promessa irrevocabile di salvezza.
Tutto sembra far presagire un evento mirabile, straordinario e soprattutto schiacciante, imponente.
Lo stesso si potrebbe dire dell'annuncio che l'evangelista fa a Maria: «Sarà grande e verrà chiamato Figlio
dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di
Giacobbe e il suo regno non avrà fine» (Lc 1, 32-33).
Anche i re magi cercano qualcuno di potente, già rivestito di un'autorità regale: «Dov'è colui che è nato, il re
dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo» (Mt 2,2).
E non per ultimo gli stessi pastori ricevono un tale annuncio: «oggi, nella città di Davide, è nato per voi un
Salvatore, che è Cristo Signore» (Lc 2,11).
Ma ciò che appare a tutti costoro è un neonato, non diverso da tanti altri, nato per giunta in viaggio che vede
i suoi primi giorni di vita come ospite in un umile rifugio. Ciò che vedono i pastori è un bambino normale
poveramente adagiato in una mangiatoia e quello che vedono i magi non è un bambino nato nella reggia,
non è il figlio del re.
Eppure questa è l'onnipotenza di Dio, di fatto ben lontana dalle aspettative umane.
Per compiere il suo decreto irrevocabile con tutta l'efficacia della sua onnipotenza, con il suo implacabile
slancio guerresco Dio sceglie di farsi uomo, di entrare nella nostra umanità a partire dal suo inizio, ovvero
dalla nascita, presentandosi al mondo come un bambino vero, piccolo e bisognoso di tutto.
Chi è che si accorge della nascita di Gesù e lo “vede”?
I vangeli ci parlano di pastori e magi, ovvero di poveri e ricchi, di emarginati e onorati, di ignoranti e
sapienti, di ebrei e pagani. Tutta l'umanità è racchiusa tra questi due estremi.
C'è però qualcosa che li accomuna: entrambi sono abituati a vegliare nel silenzio e nel cuore della notte;
sono capaci di cogliere segni e voci che nessun altro vede e sente; sono capaci di mettersi in cammino in
base a questi segni.
Segni di per sé non così straordinari o evidenti, perché la salvezza di Dio opera sempre dal basso per non
perdere nessuno. E in questo caso da un bambino bisognoso di tutto, figlio di una ragazza e di un carpentiere
di Nazareth, piccola cittadina di una piccola provincia sotto il dominio dell'impero romano.
Quale speranza può essere questa? Che cosa ci si può aspettare da una notizia del genere? Che significato
può avere la nascita di un bambino in uno sperduto paese di una insignificante provincia del grande impero
romano?
Eppure anche un paesino insignificante può rappresentare una risposta di speranza, di vita e di futuro a chi
cammina nelle tenebre. L'importante è riconoscerne il segno. Un segno che nonostante la piccolezza
dell'evento appare subito scomodo, quasi imbarazzante, comunque da eliminare per i potenti della terra,
comunque essi si chiamino: Erode o l'ultimo eletto di turno.

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Sito web: www.cenacolocomboniano.org
Se guardiamo il mondo di oggi, sembra che nulla sia cambiato, la terra di sterminio è dovunque: le guerre affliggono il nostro mondo, ancora in alcune parti della terra si muore di fame, la povertà sembra un male incurabile e tutto il pianeta soffre i mutamenti che l'egoismo e la sete di ricchezza di pochi procurano, noncuranti di quell'ecosistema che solo può garantirne la vita.
Eppure la presenza operante e salvifica di Dio non è venuta meno, il suo ordine irrevocabile di salvezza risuona vivo e potente proprio lì nel silenzio profondo, nell'abisso oscuro che la mancanza di amore, di accoglienza, di comunione e condivisione umana costantemente genera.
E i segni della presenza di Dio e del suo giudizio indelebile e irrevocabile di salvezza sono presenti anche oggi, ma bisogna saperli riconoscere perchè sono piccoli, apparentemente insignificanti e, paradossalmente, costantemente scomodi.
Quanto poteva essere scomodo un bambino in fasce agli occhi di Erode? Eppure lo era, così come ancora oggi ci sono segni di bontà, di speranza, di amore che, seppure piccoli, risultano talmente scomodi ai potenti di turno che pensano bene di doversi accanire contro di essi per tentare di distruggerli.
Ma l'ordine di Dio è irrevocabile, il bimbo è nato, la storia ha cambiato il suo corso, la luce è rifulsa per coloro che camminavano nelle tenebre e la salvezza è un fatto indelebile: quel bimbo, divenuto uomo, ucciso su una croce, è il Risorto, il principio e fine di tutta la storia, primizia di quella pienezza di vita che nessun male potrà mai eliminare. Un bimbo è nato, ed è questa la nostra luce, la nostra gioia, la nostra pace più profonda che nessuna tenebra, sia anch'essa mortale, potrà mai oscurare.
Ed è questa gioia e pace che desideriamo augurare a ciascuno di voi dal profondo del nostro cuore.
Come sempre desideriamo ricordare coloro che ci hanno lasciato e che ritroveremo un giorno per godere insieme l'abbraccio di infinito amore del Padre: la nostra cara amica sister Pat, delle Suore di S. Giuseppe dell'Apparizione; Bruno, papà di Marco; Massimo, marito di Susanna, papà di Umberto, Maria, Laura e Franco e fratello di Gina e Caterina; Maddalena, mamma di Gianna e Lino; Giovanni, papà di Antonio, Giusy, Gianfranco e Santina; Ida, mamma di Luciano. Piero, dei Piccoli Fratelli di Jesus Caritas; Albino, fratello di Ada, Umberto e M. Grazia; Gina, mamma di Pina, Aldo e Luigi; Alba, moglie di Giuseppe, mamma di Lorenzo e figlia di Ida; Marina, mamma di Alessio; Maria, mamma di Paola e Carla; Giannina, moglie di Gino e mamma di Cristina e Massimo; Costante, marito di Ida e papà di Renata, Paolo e Claudio, a lui la nostra perenne gratitudine per la sua testimonianza di fede e di vita; Rosanna, mamma di Claudio;
Silvana, mamma di Franco; Ritella, che fin dai suoi inizi è stata un sostegno per la nostra comunità; Enrica, mamma di Elisabetta e M. Luisa; Piera, mamma di Cinzia e Ascanio; il nostro vicino di casa Arnaldo, papà di Stefano e nonno di Elena, che da subito ci ha accolto con la sua bontà e la grandezza della sua semplicità.
La gioia di un bimbo che nasce ci contamina tutti e così insieme vogliamo partecipare all'annuncio della nascita di Cecilia, figlia di Chiara e Simone; Silvia, figlia di Antonella e Flavio; Azzurra, figlia di Serena e Mauro; Amelia, figlia di Silvia e Stefano; Linda, figlia di Elisa e Thomas; Giulio, figlio di Marta e Pietro;
Daniel, figlio di Sara e Stefano; Elia, figlio di Eugenia e Luca; Pietro, figlio di Irene e Mattia; Davide, figlio di Marzia e Roberto; Carlo, figlio di Giulia e Luca; Agnese, figlia di Laura e Pietro.
A tutti voi un luminoso e sereno Natale da parte nostra-

La comunità del Cenacolo
P.S.:
— ringraziamo sempre tutti coloro che ci sostengono materialmente permettendoci di andare avanti!
— una particolare richiesta di “accettazione” per tutti coloro che erano abituati a trovare anche qualche parola scritta a mano da Rosangela come accompagnamento “personalizzato” di questa lettera. Purtroppo le sue mani non le permettono più di scrivere a lungo.
— per chi ancora non ne fosse a conoscenza ricordiamo che è disponibile in libreria il secondo volume di commento alla liturgia domenicale di Ester:
Abbattista Ester, Di domenica, una Parola. Anno C, Il Pozzo di Giacobbe, 2018

mercoledì 23 maggio 2018

Un incontro inaspettato: Sant’Agostina Pietrantoni


Il 12 novembre del 2004 fui ricoverato presso il reparto di cardiochirurgia dell’ospedale Policlinico “Umberto I” di Roma per un intervento di by-pass alle coronarie. Dopo il ricovero e la visita di routine il primario, Prof. Toscano, mi riferì che non si poteva procedere all’intervento in quanto dovevo sospendere la somministrazione dei farmaci che prendevo quotidianamente affinché i loro effetti svanissero.
Non mi rimaneva altro che attendere e fu così che iniziai a girare per le corsie fino a quando trovai una cappella dove ci si poteva raccogliere in preghiera. La cappella era molto accogliente e alla mia destra scorsi un’immagine molto bella di una suora: Sant’Agostina Pietrantoni, protettrice delle infermiere. Era la prima volta che leggevo di una suora protettrice delle infermiere, nelle mie meditazioni pregai la vergine Maria non dimenticandomi di invocare anche Sant’Agostina affinché guidasse le mani della persona che mi doveva operare.
Così fu per tutta la settimana che precedette il mio intervento. Quel periodo l’ho vissuto come un ritiro spirituale: preghiera, S. Messa ed eucarestia tutte le sere alle 17:00.
Trascorso una settimana ed il mercoledì 17 novembre  mi preparai all’intervento che ebbe inizio alle 11.30. Dopo essere stato sedato mi svegliarono verso le 18 di sera e mi riferirono che tutto era andato bene. Ero febbricitante, molto debole e privo di forza; durante la notte ero tutto sudato ed avevo addosso l’odore del disinfettante  che mi avevano messo in sala operatoria.
In questo stato di sofferenza sono stato avvicinato da un’infermiera, la quale mi ha asciugato il sudore, pulito il corpo da quello odore nauseante e cambiato la maglietta intima. Questa infermiera aveva un viso dolcissimo, di una bellezza celestiale, le ho sussurrato più volte queste parole: “Come sei bella! Come sei bella! Dopo aver ricevuto queste cure amorose mi sono riaddormentato, ma dopo qualche decina di minuto, ricordo che non è passato molto tempo,  si è avvicinato un infermiere e mi ha ripulito così come aveva fatto poco prima quella bellissima infermiera. Subito ho pensato di questa strana procedura. Come mai, in un brevissimo lasso di tempo, ero stato pulito due volte dopo l’intervento? E’ possibile che l’infermiera di prima non aveva riferito all’altro infermiere che mi avevano già accudito? Con questo pensiero mi sono riaddormentato.
La mattina appena svegliato ho chiesto notizia, agli infermieri presenti, di quella bellissima infermiera che aveva fatto il turno di notte, descrivendola come era vestita e che mi sembrava una suora. Mi riferirono che non c’era nessuna infermiera così come era stata descritta, anzi mi dissero che quella unica infermiera che aveva fatto il turno di notte era ancora lì e me la indicarono. Ovviamente non era lei, solo allora mi sono ricordato di Sant’Agostina, la cui immagine era si bella ma non come l’avevo visto io quella notte. Ripeto di una bellezza unica, incantevole, non di questo mondo. Una mese dopo uscito dall’ospedale, e dopo aver fatto un’accurata ricerca su internet di Sant’Agostina, mi sono recato a Pozzaglia S. per vedere il luogo dove era vissuta. A Pozzaglia ho incontrata Suor Rosa che mi ha fatto da guida per quel posto meraviglioso fornendomi molti particolari sulla Santa, protettrice delle infermiere.
L’incontro avvenuto quella notte ha lasciato nel mio cuore un profondo senso di gratitudine verso il Signore, il quale servendosi di un Sant’Agostina ha voluto manifestare  il suo smisurato amore verso le  sue creature. Dio è amore, “Deus caritas est”.

In fede.
Vincenzo Punziano


venerdì 27 aprile 2018

Riflessioni

Eccomi una riflessione: essere immersi nella morte. Se tu sei con Cristo, la morte la puoi fronteggiare (esempio nel matrimonio tollerare le insofferenze per non divorziare). I credenti sono immersi quotidianamente in Cristo nella morte, per resuscitare con Lui, al di là del lato teologico del "pedo battesimo" che ricevemmo molti anni fa.

Se sul posto di lavoro hai l'umiltà di accettare un rimprovero, continua a lavorare altrimenti ti licenzi. Se nella situazione familiare hai accettato malvolentieri che un figlio voglia intraprendere una strada diversa da quella che tu pensavi per lui, ancor prima che nascesse, puoi andare avanti altrimenti arriverai ai ferri corti.

Se il Signore cammina in te e stai al suo fianco, e se la morte è stata in qualche modo sconfitta, se hai imparato a renderti umile, se il tuo camminare verso il monte della santità è un discendere di scalini verso il fronte battesimale, allora si compie in te questo prodigio: entri nella morte ed è una morte gloriosa che sa di resurrezione.

Ecco perché molte famiglie si sfaldano e si arriva subito al divorzio. Non c'è più questa lettura sapienziale della storia, non c'è questa capacità di piegarsi, di chiedere scusa, di cercare un dialogo sempre rinnovato.

martedì 27 marzo 2018

Pasqua 2018

Carissimi, «Andate a portare a tutti la gioia del Signore Risorto. Alleluia, alleluia». Sono le parole di congedo delle nostre celebrazioni nel giorno di Pasqua e nel tempo pasquale con cui abbiamo concluso la nostra lettera dello scorso anno. Perché iniziare una lettera di Pasqua dalle parole finali di ciò che stiamo per celebrare? Effettivamente nelle chiese o appena fuori di esse, dopo la veglia pasquale o le messe del giorno di Pasqua i volti sono sorridenti, gli occhi luminosi. Ma quanto tempo dura questa gioia? Capita a volte di incontrare, proprio tra i religiosi o tra quelli più impegnati nei servizi parrocchiali, delle persone così tristi nell'aspetto e nei modi di fare e di pensare che a volte, scherzando ma non troppo,  ci verrebbe da dire: «Bisognerebbe informarli che il Signore è risorto»!
La «gioia del Signore Risorto» non ha una “durata” limitata, legata a un tempo o a un giorno; bisogna piuttosto ammettere che siamo spesso incapaci di sostenere questa gioia nella quotidianità. Certo è facile essere gioiosi quando tutto fila dritto, ma chi nella vita non ha o non ha mai avuto difficoltà? Ed è di fatto una sfida, pur trovandosi in difficoltà, l’essere capaci di mantenersi sereni ed equilibrati e di avere sempre una parola buona per tutti.
Non è forse questo ciò che hanno vissuto i primi cristiani? San Paolo, per esempio, descrive così la chiesa di Macedonia: «nella grande prova della tribolazione, la loro gioia sovrabbondante e la loro estrema povertà hanno sovrabbondato nella ricchezza della loro generosità»(1Cor 8,2). Non erano semplicemente gioiosi, ma avevano una « gioia sovrabbondante» pur essendo nella tribolazione e in una situazione di povertà estrema; al punto tale da condividere con gli altri nel bisogno i loro pochi mezzi, trasformando il tutto in «ricchezza di generosità». San Paolo insiste anche sulla continuità di questa gioia: «Siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti. La vostra amabilità sia nota a tutti. Il Signore è vicino!» (Fil 4,4-5); e le sue parole sembrano sia un'esortazione che un comando.
Dove hanno trovato costoro e dove possiamo trovare noi luce e forza per vivere ogni giorno da creature nuove, rigenerate «mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti, per una speranza viva, per un'eredità che non si corrompe» e, proprio per questo, essere «ricolmi di gioia anche se [...] afflitti da varie prove»? (1Pt 1,3-4.6). Ripensiamo all'episodio dei discepoli che camminavano sfiduciati sulla strada verso Emmaus: il Maestro era morto e tutte le loro speranze e i loro sogni crollati. Gesù risorto si fa vicino e li richiama con forza: «Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui». Ascoltando Gesù spiegare la Parola (il Verbo che spiega la Parola) riconobbero: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?» (Lc 24,25-27.32); e tornarono a Gerusalemme, forti nelle loro speranze rinnovate, pronti a realizzare i loro sogni.
Anche noi abbiamo nelle mani il dono prezioso delle Scritture; e anche a noi, oggi, il Signore Risorto è vicino. Cercare di conoscere sempre di più e meglio la Scrittura, leggerla, pregarla, studiarla, dona luce al nostro cammino, senso alla nostra storia, speranza e forza ai nostri giorni.
Tutto ciò non ci permette di eliminare le sofferenze e il male del mondo, ma ci permette di attraversarli sapendoli leggere alla luce della Parola, scoprendoli limitati e vinti per sempre, trovando così il fondamento dell’essere «lieti e ricolmi di gioia» in qualunque situazione, «portando» – con noi e attorno a noi – la gioia del Signore Risorto. Sì, è bene ricordarci ancora una volta che la fede matura e diventa “adulta” sulla Parola di Dio.
Come credenti sentiamoci impegnati a donare a quanti il Signore ci fa incontrare la gioia e la nuova vita che la risurrezione di Gesù ha donato e che da duemila anni continua a donarci. Aiutiamo quanti piangono, perché i loro cari non sono più con loro, a credere che la morte non è un buio totale ma l'apertura a un nuovo mondo, quello della Risurrezione di Gesù. Stiamo vicini a questi fratelli con la preghiera e l'affetto e ricordiamo: Andrea, marito di Assunta, papà di Alessandro e Michele e cognato di Antonio; Pierluigi, marito di Gabriella e papà di Cristiana; Marita, mamma di Mauro; Elda, mamma di Adriana, Roberto e Renata; Sandro, marito di Vincenza e papà di Roberto; Luigina, mamma di Paola, Luisa e Lorenzo che fin dagli inizi di questa nostra comunità ci è stata accanto con la preghiera e con l’aiuto materiale; Loredana, moglie di Renzo e mamma di Michele.
Ringraziamo il Signore e facciamo festa con i genitori dei nuovi “sorrisi” che Dio ha donato per migliorare il mondo: Maria e Isabella di Simona e Roberto, Francesco, di Elena e Angelo; Francesca, di Elena e Simone; Arbei di Serena e Chas; Miriam, di Francesca e Paolo; Leonardo di Chiara e Roberto.
E non dimentichiamo, e invitiamo tutti a pregare per loro, quanti pregano per noi e continuano perseveranti ad aiutarci con la “goccia al mese” e in altri modi: è un segno grande.
Tutti sentitevi raggiunti dalla nostra preghiera. Un grande abbraccio e vi salutiamo come S. Serafino di Sarov era solito fare: «Mia gioia, Cristo è risorto!»

    La comunità del Cenacolo Missionario Comboniano


DUE AMICI INSEPARABILI

Il piccolo Giovanni (detto Gio lo zoppo) e Tommaso erano arrivati all'istituto per bambini senza famiglia lo stesso giorno, pochi mesi dopo la nascita. Le volontarie erano molto buone con loro, un po' meno i bambini della scuola pubblica che frequentavano.
Erano crudeli spesso con il timido Giovanni, ma Tommaso sapeva metterli a posto, perché era un bambino robusto e intelligente: il più bravo a scuola e il più svelto in cortile. Era Tommaso che aiutava Giovanni, gli stava sempre vicino. Lo consolava quando aveva paura, lo aspettava durante le passeggiate, giocava con lui perché non sentisse la malinconia del suo handicap, lo faceva ridere raccontandogli le storie buffe.
All'istituto venivano spesso le coppie che facevano conoscenza con i bambini e li portavano fuori a mangiare in vista di una possibile adozione.
Nessuno, però, si interessava a Giovanni e Tommaso e tutti inventavano sempre una scusa.
Lo aveva fatto solo due volte il dottor Arturo e sua moglie Anna.
Una domenica, il dottor Arturo chiamò Tommaso e lo guardò negli occhi:
"Sei un bambino veramente in gamba! Ti piacerebbe venire a vivere con noi? Saresti in affidamento per un po', ma noi ti vorremmo adottare.
Come un vero figlio. Che ne dici?". Tommaso rimase senza parole.
Avere una mamma e un papà, come tutti! "Oh, oh s-s-sì, signore!" mormorò. Improvvisamente la gioia svanì dai suoi occhi. Se Tommaso se ne andava, chi si sarebbe preso cura del piccolo e zoppo Giovanni?
"lo... vi ringrazio tanto, signore" disse. "Ma non posso venire, signore!"
E prima che il dottore scorgesse le sue lacrime, corse via.
Poco dopo, il dottore lo venne a cercare con una delle volontarie.
Tommaso stava aiutando Giovanni a infilarsi la scarpa speciale.
Il dottore lanciò uno sguardo penetrante a Tommaso: "È per lui che non hai voluto venire a stare con noi, figliolo?".
"Beh, si..." disse sottovoce Tommaso, "io... io sono tutto quello che lui ha..." rispose il bambino.

Anche tu puoi essere per qualcuno "tutto quello che ha"...

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UNA MESSA SPECIALE


Una domenica, alla porta di una chiesa, fu appeso questo cartello:

Per consentire a tutti di venire in chiesa domenica prossima, abbiamo organizzato una "speciale domenica senza scuse".

Saranno sistemati dei letti in sacrestia per tutti quelli che dicono:

"La domenica è l'unico giorno della settimana in cui posso dormire".

Sarà allestita una speciale sezione di morbide poltrone per coloro che trovano troppo scomodi i banchi.

Un collirio sarà offerto a quelli che hanno gli occhi troppo affaticati dalla nottata alla tv.

Un elmetto d'acciaio temprato sarà regalato a tutti coloro che dicono:

"Se vado in chiesa potrebbe cadermi il tetto in testa".

Morbide coperte saranno fornite a quelli che dicono che la chiesa è troppo fredda e ventilatori a quelli che dicono che è troppo calda.

Saranno disponibili cartelle segna punti per coloro che vogliono fare la classifica delle persone che "vanno sempre in chiesa ma sono peggio degli altri". Parenti e amici saranno chiamati in soccorso delle signore che non possono, contemporaneamente, andare in chiesa e preparare il pranzo. Verranno distribuiti dei distintivi con la scritta "Ho già dato" a tutti coloro che sono preoccupati per le richieste di offerte per i bisogni della parrocchia. In una navata saranno piantati alberi e fiori per quelli che cercano Dio solo nella natura. Dottori e infermiere si dedicheranno alle persone che si ammalano sempre e solo di domenica. Forniremo apparecchi acustici a quelli che non riescono a sentire la predica e tappi per le orecchie per quelli che ci riescono ma si annoiano. Saranno attrezzate aree per tutti quelli che vogliono fare dell'esercizio fisico e smaltire un pò di pancia.

La chiesa sarà addobbata contemporaneamente con le stelle di Natale e i gigli di Pasqua per quelli che l'hanno sempre e solo vista così.

Avremo anche la presenza straordinaria delle Veline che con il Gabibbo aiuteranno il parroco a dare le notizie degli appuntamenti più importanti della vita parrocchiale. Mi raccomando vi aspettiamo numerosi!"

La S. Messa, per molti, è diventata un peso insopportabile.

Un Dio che si preoccupa di donarci la felicità, la gioia, la serenità, la vita eterna! E noi? Noi gli riserviamo solo qualche minuto e a malincuore.

Forse ci è sfuggito qualcosa...

LA VITA E' UNO SPECCHIO

Renato non aveva quasi visto la signora, dentro la vettura ferma al lato della carreggiata. Pioveva forte ed era buio.

Ma si rese conto che la donna aveva bisogno di aiuto.

Così fermò la sua macchina e si avvicinò.

L’auto della signora odorava ancora di nuovo.

Lei pensava forse che poteva essere un assalitore: non ispirava fiducia quell’uomo, sembrava povero e affamato.

Renato percepiva che la signora aveva molta paura e le disse:

“Sono qui per aiutarla, signora, non si preoccupi.

Perchè non aspetta nella mia auto dove fa un po’ più caldo?

A proposito, il mio nome è Renato”...

La signora aveva bucato una ruota e oltretutto era di età avanzata.

Mentre la pioggia cadeva a dirotto, Renato si chinò, collocò il crik e alzò la macchina. Quindi cambiò la gomma, sporcandosi non poco...

Mentre stringeva i dadi della ruota, la donna aprì la portiera e cominciò a conversare con lui.

Gli raccontò che non era del posto, che era solo di passaggio e che non sapeva come ringraziarlo per il prezioso aiuto.

Renato sorrise mentre terminava il lavoro.

Lei domandò quanto gli doveva.

Già aveva immaginato tutte le cose terribili che sarebbero potute accadere se Renato non si fosse fermato per soccorrerla.

Ma Renato non pensava al denaro, gli piaceva aiutare le persone...

Questo era il suo modo di vivere.

E rispose: “Se realmente desidera pagarmi, la prossima volta che incontra qualcuno in difficoltà, si ricordi di me e dia a quella persona l’aiuto di cui ha bisogno”...

Alcuni chilometri dopo la signora si fermò in un piccolo ristorante, la cameriera arrivò e le porse un asciugamano pulito per farle asciugare i capelli rivolgendole un dolce sorriso.

La donna notò che la cameriera era circa all’ottavo mese di gravidanza, ma lei non permetteva che la tensione e i dolori cambiassero il suo atteggiamento e fu sorpresa nel constatare come qualcuno che ha tanto poco, possa trattare tanto bene un estraneo.

Allora si ricordò di Renato. Dopo aver terminato la sua cena, e mentre la cameriera si allontanò ad un altro tavolo, la signora uscì dal ristorante.

La cameriera ritornò curiosa di sapere dove la signora fosse andata, quando notò qualcosa scritto sul tovagliolo, sopra al quale aveva lasciato una somma considerevole.

Le caddero le lacrime dagli occhi leggendo ciò che la signora aveva scritto.

Diceva: “Tieni pure il resto... Qualcuno mi ha aiutato oggi e alla stessa maniera io sto aiutando te. Se tu realmente desideri restituirmi questo denaro, non lasciare che questo circolo d’amore termini con te, aiuta qualcuno”.

Quella notte, rincasando, stanca, si avvicinò al letto;

suo marito già stava dormendo e non volle svegliarlo perché sapeva che prima di addormentarsi era stato preda di mille angosce, quindi, rimase a pensare al denaro e a quello che la signora aveva scritto. Quella signora come poteva sapere della necessità che suo marito e lei avevano di quel denaro: con il bebè che stava per nascere, tutto sarebbe diventato più difficile...

Pensando alla benedizione che aveva ricevuto, fece un grande sorriso.

Ringraziò Dio e si voltò verso il suo preoccupato marito che dormiva al suo lato, lo sfiorò con un leggero bacio e gli sussurrò: “Andrà tutto bene.

Ti amo... Renato!”.

La vita è così... è uno specchio:

tutto quello che tu dai, ti ritorna!

UNA STORIA PER TE

UN VECCHIO VIOLINO

Ad una vendita all'asta, il banditore sollevò un violino.

Era impolverato, graffiato e scheggiato.

Le corde pendevano allentate e il banditore pensava non valesse la pena di perdere tanto tempo con il vecchio violino, ma lo sollevò con un sorriso.

"Che offerta mi fate, signori?" gridò.

"Partiamo da... 50 euro!".

"Cinquantacinque!" disse una voce.

Poi sessanta. "Sessantacinque!" disse un altro. Poi settanta.

"Settanta euro, uno; settanta euro, due; settanta euro..."

Dal fondo della stanza un uomo dai capelli grigi avanzò e prese l'archetto.

Con il fazzoletto spolverò il vecchio violino, tese le corde allentate, lo impugnò con energia e suonò una melodia pura e dolce come il canto degli angeli. Quando la musica cessò, il banditore, con una voce calma e bassa disse:"Quanto mi offrite per il vecchio violino?".

E lo sollevò insieme con l'archetto.

"Cinquecento, e chi dice mille euro? Mille!

E chi dice millecinquecento? Millecinquecento, uno; millecinquecento, due;

millecinquecento e tre, aggiudicato!" disse il banditore.

La gente applaudì, ma alcuni chiesero:

"Che cosa ha cambiato il valore del violino?". Pronta giunse la risposta:

"Il tocco del Maestro!".

Se in qualche circostanza della vita ci si ritrova

come vecchi violini, inutili, impolverati,

graffiati e scheggiati; niente paura.

Abbiamo una certezza:

siamo in grado di fare cose meravigliose.

Basta "il tocco del Maestro"...

è COLPA DI DIO…

Un famoso oratore e manipolatore di menti è intento a convincere, con le sue considerazioni e le sue prediche, un’attenta platea di persone che pendono dalle sue labbra... Con gli occhi spalancati e il fiato sospeso i devoti seguaci vengono indottrinati e convinti che Dio è un terribile vendicatore, pronto a scagliare fulmini e disgrazie sui mortali, mentre Gesù, la Madonna e tutti i Santi fanno l’impossibile per trattenere la sua ira.
Il Padreterno segue incuriosito la predica delirante e sta a vedere come va a finire. Ad un tratto, il Santone, acceso di zelo apocalittico, sentenzia: «Ecco, ecco l'ira di Dio! Non avete visto come si è abbattuta su di noi con i suoi castighi? Non avete dunque capito come il terremoto che ha devastato le nostre terre è stata una punizione mandata dal cielo per i nostri peccati?»
Il Padreterno si scuote, si rattrista: «Che dice mai costui?!» e agita energicamente il campanello.
Entra prontamente l'angioletto segretario.
«Fà entrare i miei bambini ed i miei ragazzi!» gli dice con voce alterata.
«Quali? Il Paradiso ne è pieno...»
«Quelli che sono arrivati tutti insieme dall'ultimo terremoto»
Dopo un pò lo studio del Padreterno è pieno di bambini e giovani. E lui a stringerseli tra le braccia, a carezzarli sulla testa, e quelli ad arrampicarsi sulle sue ginocchia e sulle spalle, a posare la guancia contro la sua guancia e la testina sulla sua testa, a tenerlo per le gambe, a carezzargli i piedi, a sedersi sul tavolo e sui libri sparsi dappertutto…
«I miei figli!...» va ripetendo mentre li carezza.
«Io avrei scatenato il terremoto?!... Ma come è possibile che ciò venga detto?!... Non ti ricordi, Ninetto, quanto abbiamo pianto tu ed io, quanto abbiamo faticato ad uscire da sotto quelle pietre?...
E tu, Marietta, dimmi: chi era vicino a te in quel gran buio, a dirti di non avere paura?...
E tu, Giovannino? Ti stringevi forte a me mentre ti reggevo sulle braccia... Adagio, adagio ti portavo fuori e intanto ti cantavo piano, all'orecchio:
"Il Signore è il mio pastore, non manco di nulla... Pur se andassi per valle oscura, non avrei a temere alcun male, perché Tu sei con me... "
Lo ricordi Giovannino?
E io avrei?!... Oh, gli uomini! Come possono accusarmi di aver procurato la morte di tante creature se con immenso Amore ho sacrificato la vita del Mio Figlio Prediletto per salvarli tutti?
Se guardassero la terra come è bagnata dalle mie lacrime, certe cose non le direbbero!...»

Nei momenti burrascosi della vita
dà ascolto alla SUA promessa:
«Quando attraverserai le acque, io sarò con te
e i fiumi non ti sommergeranno».
CON LUI OGNI TEMPESTA SI PLACHERA'…


UN OSPITE INASPETTATO

Un giorno un uomo venne a sapere che Dio stava per venire a trovarlo.
"Da me?", si preoccupò. "Nella mia casa?".
Si mise a correre affannato attraverso tutte le camere,
salì e scese per le scale, si arrampicò fin sul tetto, si precipitò in cantina.
Vide la sua casa con altri occhi, adesso che doveva venire Dio.
"Impossibile! Povero me!", si lamentava.
"Non posso ricevere visite in questa indecenza.
E' tutto sporco! Tutto pieno di porcherie.
Non c'è solo posto adatto per riposare.
Non c'è neppure aria per respirare".
Spalancò porte e finestre.
" Fratelli! Amici!" invocò.
"Qualcuno mi aiuti a mettere in ordine! Ma in fretta!".
E cominciò a spazzare con energia la sua casa.
Attraverso la spessa nube di polvere che si sollevava,
vide uno che era venuto a dargli aiuto. In due era più facile.
Buttarono fuori il ciarpame inutile, lo ammucchiarono e lo bruciarono.
Si misero in ginocchioni e strofinarono vigorosamente le scale e i pavimenti.
Ci vollero molti secchi di acqua, per pulire tutti i vetri.
Stanarono anche la sporcizia che si annidava negli angoli più nascosti.
"Non finiremo mai!", sbuffava l'uomo. "Finiremo!", diceva l'altro, con calma.
Continuarono a lavorare, fianco a fianco, per tutto il giorno.
E, finalmente, la casa pareva messa a nuovo, lustra e profumata di pulito.
Quando scese il buio, andarono in cucina a apparecchiarono la tavola.
"Adesso", disse l'uomo, "può venire il mio Visitatore!
Adesso può venire Dio. Dove starà aspettando?"
"Io sono qui!" disse l'altro, e si sedette al tavolo,"Siediti e mangia con me!"

Dio non ci lascia mai soli nel compito di "far pulizia" nella nostra anima.
E' con noi, dalla nostra parte.
Ci incoraggia con la sua parola, ci affianca e agisce con la sua forza.
Nella confessione Dio e l'uomo agiscono insieme per "far pulizia",
per stare bene insieme e "mangiare alla stessa tavola"...

UNA BELLA LEZIONE

Una ragazza stava aspettando il suo volo in una sala d'attesa di un grande aeroporto. Siccome avrebbe dovuto aspettare per molto tempo, decise di comprare un libro per ammazzare il tempo. Comprò anche un pacchetto di biscotti. Si sedette nella sala VIP per stare più tranquilla.
Accanto a lei c'era la sedia con i biscotti e dall'altro lato un signore che stava leggendo il giornale. Quando lei cominciò a prendere il primo biscotto, anche l'uomo ne prese uno, lei si sentì indignata ma non disse nulla e continuò a leggere il suo libro. Tra sé pensò: «Ma tu guarda se solo avessi un po' più di coraggio gli avrei già dato un pugno...». Così ogni volta che lei prendeva un biscotto, l'uomo accanto a lei, senza fare un minimo cenno ne prendeva uno anche lui. Continuarono fino a che non rimase solo un biscotto e la donna pensò «ah, adesso voglio proprio vedere cosa mi dice quando saranno finiti tutti!!». L'uomo prese l'ultimo biscotto e lo divise a metà! «Ah!, questo è troppo» pensò e comincio a sbuffare indignata, si prese le sue cose, il libro, la sua borsa e si incamminò verso l'uscita della sala d'attesa. Quando si sentì un po' meglio e la rabbia era passata, si sedette in una sedia lungo il corridoio per non attirare troppo l'attenzione ed evitare altri dispiaceri. Chiuse il libro e aprì la borsa per infilarlo dentro quando... nell'aprire la borsa vide che il pacchetto di biscotti era ancora tutto intero nel suo interno. Sentì tanta vergogna e capì solo allora che il pacchetto di biscotti uguale al suo era di quell'uomo seduto accanto a lei che però aveva diviso i suoi biscotti con lei senza sentirsi indignato, nervoso o superiore, al contrario di lei che aveva sbuffato e addirittura si sentiva ferita nell'orgoglio.

LA MORALE:
Quante volte nella nostra vita mangeremo o avremo mangiato i biscotti di un altro senza saperlo? Prima di arrivare ad una conclusione affrettata e prima di pensare male delle persone, GUARDA attentamente le cose, molto spesso non sono come sembrano!

Esistono 5 cose nella vita che non si RECUPERANO:

Una pietra dopo averla lanciata
Una parola dopo averla detta
Un'opportunità dopo averla persa
Il tempo dopo esser passato
L'amore per chi non lotta

Qualcuno una volta ha detto: «Lavora come se non avessi bisogno dei soldi. Ama come se nessuno ti abbia mai fatto soffrire. Balla come se nessuno ti stesse guardando. Canta come se nessuno ti stesse sentendo. Vivi come se il Paradiso fosse sulla Terra».

IL SIGNIFICATO DELLA VITA

Un professore terminò la lezione, poi pronunciò le parole di rito: "Ci sono domande?". Uno studente gli chiese: "Professore, qual'è il significato della vita?". Qualcuno, tra i presenti che si apprestavano a uscire, rise.
Il professore guardò a lungo lo studente, chiedendo con lo sguardo se era una domanda seria. Comprese che lo era. "Ti risponderò".
Estrasse il portafoglio dalla tasca dei pantaloni, ne tirò fuori uno specchietto rotondo, non più grande di una moneta. Poi disse: "Quando ero bambino, un giorno sulla strada, vidi uno specchio andato in frantumi. Presi il frammento più grande e lo conservai. Eccolo. Cominciai a giocarci e mi lasciai incantare dalla possibilità di dirigere la luce riflessa negli angoli bui dove il sole non brillava mai: buche profonde, crepacci, ripostigli. Conservai il piccolo specchio. Diventando uomo finii per capire che non era soltanto il gioco di un bambino, ma il simbolo di quello che avrei potuto fare nella vita.
Anch'io sono il frammento di uno specchio che non conosco nella sua interezza. Con quello che sono, però, nonostante i miei limiti, posso riflettere la luce, la verità, la comprensione, la conoscenza, la bontà, la serenità, la tenerezza in tutti quei luoghi bui del cuore degli uomini e cambiare qualcosa in qualcuno. Forse altre persone vedranno e faranno altrettanto.
Ecco, in questo per me sta il significato della vita..."

"Qual è il significato della tua vita?"...

UN PO' DI ACQUA NEL BARILE

Il signore di un castello diede una gran festa, cui invitò tutti gli abitanti del villaggio. Ma le cantine del nobiluomo, pur essendo generose, non avrebbero potuto soddisfare la prevedibile e robusta sete di una schiera così folta di invitati.
Il signore chiese un favore agli abitanti del villaggio: "Metteremo al centro del cortile dove si terrà il banchetto un capiente barile. Ciascuno porti il vino che può e lo versi nel barile. Tutti poi vi potranno attingere e ci sarà da bere per tutti".
Un uomo del villaggio (che si credeva furbo), prima di partire per il castello si procurò una borraccia e la riempì d'acqua pensando: "Un pò d'acqua nel barile passerà inosservata... nessuno se ne accorgerà!". Arrivato alla festa, versò il contenuto della sua borraccia nel barile comune e poi si sedette a tavola.
Quando i primi andarono ad attingere, dallo spinotto del barile uscì solo acqua.
Tutti avevano pensato allo stesso modo.

Se siamo scontenti del nostro mondo,
è perché troppi portano solo acqua.
E' vero, non tutto il bene che c'è da fare
a questo mondo devi farlo tu.
Ma il bene che devi fare tu,
non puoi pensare che lo facciano gli altri.
Riempi la tua borraccia di bene e versala
nel barile di questo mondo... il resto viene da sé!


Grazie per la Tua Attenzione

PACE E GIOIA NEL CUORE
Fabrizio Artale
Uniti SI Vince...
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